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Trieste è una città con un passato che difficilmente trova rivali. Oggetto di contesa e crocevia di culture, è stata teatro di alcuni degli episodi più drammatici e controversi della storia contemporanea italiana ed europea, su cui tutt’oggi gli storici dibattono. Proprio di questo si è parlato nell’incontro Oltre il Giorno del ricordo: Storie, cifre e menzogne intorno alla narrazione sulle “foibe”, tenutosi presso la Casa del Popolo di Borgo San Sergio, con lo storico triestino Piero Purich e l’ex senatore Stojan Spetič.

Laureatosi in storia contemporanea presso l’Università di Trieste sotto la guida dello storico italo-sloveno Jože Pirjevec, Purich ha conseguito il dottorato di ricerca all’Alpen-Adria-Universität di Klagenfurt, dedicandosi soprattutto ai temi dei movimenti migratori, dell’identità nazionale e dei spostamenti di popolazione. Collaboratore per Limes, Internazionale e il blog della Wu Ming Foundation, è autore dei saggi Metamorfosi etniche. I cambiamenti di popolazione a Trieste, Gorizia, Fiume e in Istria. 1914-1975 (KappaVu, 2014) e La farina dei partigiani. Una saga proletaria lunga un secolo (Edizioni Alegre, 2020).

Con Purich abbiamo parlato del ruolo e degli obiettivi che lo storico dovrebbe perseguire, tenendo a mente la difficoltà nel lavorare in un’area come Trieste, soggetta frequentemente a episodi di strumentalizzazione politica della storia:

Organizzato dall’ANPI/VZPI, l’evento ha voluto mettere in luce gli aspetti più controversi relativi alla narrazione delle foibe. Non a caso, il sottotitolo dell’incontro contiene la parola “menzogne”, un termine sicuramente d’impatto che, pur non essendo stato scelto da Purich, merita un approfondimento:

Non è affatto semplice parlare di numeri. «Gli stessi partigiani», dichiara lo storico, «erano soliti nascondere i corpi dei commilitoni caduti nelle foibe; seppellendoli ci sarebbe stato il rischio di essere scoperti e di ritorsioni contro i parenti». Per Purich, una stima plausibile potrebbe essere quella di circa 2,000 persone uccise dai partigiani e dai soldati dell’Esercito Popolare di Liberazione jugoslavo. «Stime analoghe», riporta lo storico, «a quelle di altre aree d’Italia: nello stesso arco di tempo se ne contano 1,200 a Torino, 2,000 nel Cuneese e 3,900 nel Triangolo rosso emiliano».

La visita alla Foiba di Basovizza e al Monumento ai caduti sloveni di Sergio Mattarella e del presidente sloveno Borut Pahor, insieme alla restituzione alla comunità slovena dell’edificio del Narodni Dom, ha rappresentato un momento di forte riavvicinamento. Purich, però, ha sollevato alcuni dubbi su quest’iniziativa:

Intervista di Matteo Moranjkic.

Il passato di Trieste rimane tuttora un conto in sospeso. A tal proposito, Spetič ha citato l’intitolazione della casa circondariale di Trieste a Ernesto Mari, che suscitò le polemiche dell’ANPI e dell’Associazione Antigone. Infoibato a Basovizza nella notte tra il 23 e il 24 maggio 1945, Mari ricoprì il ruolo di direttore della struttura durante il conflitto e sotto la sua gestione si verificarono episodi di tortura e deportazioni.

Inoltre, il Giorno del Ricordo, come affermato da Spetič, rischia di far dimenticare la memoria degli esuli, fortemente strumentalizzati come bacino di voto. A pagarne le conseguenze peggiori, ricorda l’ex senatore, furono gli esuli meno abbienti.

Oltre a denunciare la diffusione del revisionismo anche in Slovenia, Spetič e Purich hanno riflettuto sulla confusione che si genera tra il Giorno del Ricordo e il Giorno della Memoria. Non aiutano la vicinanza delle date, la sinonimia tra ricordo e memoria e le visite studentesche spesso simultanee dei due monumenti nazionali in questione, la Risiera di San Sabba e la Foiba di Basovizza.

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